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Titolo | Continuità assistenziale: dal principio alla realizzazione. Cosa Insegna il disease management. |
Autore | L. Fioravanti, F. Spadonaro - CEIS Sanit�, Facolt� di Economia, Universit� degli Studi Tor Vergata, Roma |
Referenza | Politiche sanitarie 2007; 8 (1): 28-33 |
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Introduzione L'invecchiamento della popolazione che caratterizza quasi tutti i paesi sviluppati, e in particolare l'Italia, sta modificando il quadro di morbilità che richiede un adeguamento delle risposte assistenziali, sia sul piano clinico che su quello organizzativo gestionale. La popolazione anziana che rappresenta la fascia di popolazione a maggiore rischio cronicità, pari nel 2006 al 19,8% della popolazione residente, arriverà al 23,2% nel 2020 e si attesterà ad oltre il 33,0% nel 2050. In questo contesto generale, la gestione delle malattie croniche ha ricevuto grande attenzione, anche in termini economici. Se pensiamo, infatti, che la cronicità spesso accompagna la vecchiaia e che nel 2000 ogni 100 abitanti 12,4 presentavano almeno una malattia cronica grave e 17,7 tre o più malattie croniche (Istat, Indicatori sociosanitari regionali), è facile pensare che si determinerà un aumento dei costi legati alle malattie croniche, in particolare per la popolazione anziana. Non è, però, solo l'aspetto economico a fornire motivi di preoccupazione: la gestione del paziente cronico richiede, in qualche modo, anche una inversione di tendenza culturale; la storia della medicina nel XX secolo è infatti caratterizzata da una progressiva e determinante specializzazione, mentre il paziente cronico, frequentemente affetto da comorbilità, richiede un approccio integrato e multidisciplinare. Di questa discrasia si colgono elementi anche, e soprattutto, nei modelli organizzativi delle strutture di offerta (provider): a livello ospedaliero permane una logica organizzativa prevalentemente fondata sulla specializzazione delle competenze, mentre a livello territoriale (o meglio, di assistenza primaria) ancora stenta a definirsi una connotazione organizzativa formalizzata. L?integrazione delle cure, mediante la costituzione di Reti di offerta, rappresenta un passo verso un coordinamento delle specializzazioni e fornisce un paradigma organizzativo utile. Anche la Rete, ancorchà efficiente e ben organizzata, non può però garantire l'efficacia dell?intervento su un paziente cronico: è infatti generalmente condiviso che la continuità assistenziale rappresenti un elemento critico per la qualità degli interventi primari. Tale affermazione trova giustificazione tanto in elementi qualitativi (la presa in carico e l'assistenza del paziente nel suo percorso di cura), quanto su aspetti il cui impatto e facilmente misurabile in termini quantitativi, quali la compliance ai fini dell'efficacia della cura. La funzione di tutorship/mentorship nei confronti del paziente (ed in particolare del paziente cronico) assume, quindi, un ruolo di crescente importanza per fattori demografici, clinici e, anche, culturali, quali la maggiore aspettativa di informazione da parte dei cittadini/pazienti. |
Data | 17.09.2007 |
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